Le distopiche geometrie di Utopia
«Fuga» di Daniele Del Giudice
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.1721-4777/11451Parole chiave:
Del Giudice, Illuminismo, Utopia/Distopia, Horhkeimer, HuxleyAbstract
L’articolo prende spunto da un racconto tratto da Mania (1997) di Daniele del Giudice, Fuga – ispirato a una delle più notevoli costruzioni dell’Illuminismo napoletano, il ‘Cimitero delle 366 fosse’ progettato dall’architetto Ferdinando Fuga. Il racconto è letto come un vero e proprio apologo filosofico, da interpretare alla luce di alcuni temi centrali della riflessione epistemologica di Daniele del Giudice (trattati soprattutto in Atlante occidentale). Il mito, strutturalmente moderno, di ‘Utopia’ fa da sfondo a questa riflessione, richiamato in uno dei suoi emblemi originari più macroscopici: la progettazione geometrica dello spazio cittadino come espressione di un ordine razionale che ‘organizza’ la dimensione morale e persino biologica della condizione umana. Il mito moderno della mappa e dell’atlante (simboli della progettualità scientista) trova nell’allegoria di Fuga, una sorta di rovesciamento parodico, suggerendo al lettore quell’aporia (vista da Horkheimer e Adorno, non meno che da A. Huxley) che è alla radice della Modernità occidentale: la consapevolezza che «l’utopia è necessaria», ma che nelle sue stesse illimitate potenzialità progettuali è contenuto, quasi di necessità, «il suo contrario, il suo fallimento».
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