Non solo un po’ di colpa, ma ‘tutta’ la colpa. Il diario come tribunale nel «Mestiere di vivere»
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https://doi.org/10.6092/issn.1721-4777/15982Parole chiave:
Cesare Pavese, confessione letteraria, diario come tribunale, «Mestiere di vivere», teoria del diarioAbstract
Nella prima fase del Mestiere di vivere (1936-1938), Cesare Pavese utilizza la scrittura diaristica come un vero e proprio tribunale giudiziario in cui l’io, dopo essere stato dichiarato inetto, viene sottoposto alle procedure di uno spietato e accusatorio esame di coscienza. Questo saggio si propone di dimostrare come il sistema processuale autobiografico, che fa capo a Rousseau e si ritrova anche nei diari di Tolstoj e di Kafka, trasforma il Mestiere di vivere in un ‘autospettacolo’ teatrale e gratuito, che si maschera da esame di condotta etica solo per arrivare a una sterile autorappresentazione di ‘maudlin self-pity’, o ‘piangolosa compassione di sé’. Il processo di autocondanna, per questi versi, si confonde con un palcoscenico narcisistico, dove l’autoumiliazione assume l’aspetto di un’autoglorificazione mascherata e catartica, secondo il modello rilevato da Baudelaire nelle Confessions di Rousseau.
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