«Emblemi, icone, carte d’identità, | Travestimenti, connotazioni, metamorfosi...»: «Il principe costante» di Alberto Arbasino
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.1721-4777/20174Parole chiave:
Arbasino, Calderón de la Barca, Neoavanguardia, parodia, travestimentoAbstract
L’articolo ricostruisce, nell’ottica della trans-testualità di Genette e delle teorie postmoderne sul Camp e sul Kitsch, il progetto di riscrittura del Principe costante (1629) di Calderón de la Barca da parte di Alberto Arbasino. A seguito della mancata realizzazione di una riduzione teatrale e di un film proposto a Carmelo Bene, lo scrittore rilegge il dramma sulla scorta dell’allestimento del 1965, per la regia di Jerzy Grotowski, al Festival di Spoleto. Nel 1972 Arbasino pubblica un romanzo ibrido, a metà tra la sceneggiatura, il libretto d’opera, il canovaccio di cabaret e la striscia di cartoons. In linea con analoghi esperimenti di riscrittura dei classici operati da esponenti del Gruppo 63 (Luigi Malerba, Giorgio Manganelli, Giuliano Gramigna, Roberto Di Marco), Arbasino decostruisce l’ipotesto mettendone in luce i meccanismi diegetici e le sovrastrutture ideologiche. Il rifacimento demistifica l’assetto ideologico in relazione alle costanti storiche del colonialismo, dell’integralismo religioso e dei costumi sessuali proponendo un colto e sagace divertissement.
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