Le immagini infrante. T.S. Eliot e i processi di significazione poetica tra Dante e «The Waste Land»
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.1721-4777/21669Parole chiave:
Dante, «Purgatorio», «The Waste Land», Thomas Stearns EliotAbstract
In Vita Nova, 6, 4, Dante si fa portavoce di una nozione linguistica di stampo realista, secondo cui i nomi discendono dalle cose (nomina sunt consequentia rerum), risultando depositari di una verità intrinseca, preesistente all’enunciazione; ma poco prima (Vita Nova, 1, 2) il Poeta aveva affermato anche che dagli effetti delle cose si possa risalire ai nomi: ne risulta una concezione circolare della significazione che solo l’avallo dell’esperienza comune – quindi dei sodali e della tradizione precedente – può convalidare. Tale impostazione lo accomuna al suo estimatore e critico T.S. Eliot che, pur adottando nella sua poetica la frammentazione e l’ambiguità tipiche del modernismo, dimostra una concezione linguistica e un rapporto con la tradizione, per certi versi, ‘danteschi’, ‘medievali’. Questo saggio si pone l’obiettivo di analizzare il rapporto che Eliot instaura con il precedente dantesco sia nelle opere critiche, sia in The Waste Land, tracciando anche, sulla base di tale rapporto, a fini interpretativi, un legame tra un passaggio del poemetto eliotiano e Purgatorio XIII.
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